mercoledì 3 marzo 2010

Ci sono dolori che non si piangono mai del tutto. Forse nemmeno dopo averci scritto più di duemila pagine, come ha fatto Proust, rievocando ogni profumo e ogni sapore.
Tutta la vita e l'amore ci sono intorno e ci danno conforto e talvolta sono una festa senza ombre.
Eppure bastano piccole cose, talvolta addirittura le felicità di chi abbiamo a cuore, a ricordarci la vita che ci è stata amputata.
Ogni profumo e ogni sapore che avremmo voluto dargli.


Parole del mio amico Seaborgium...

4 commenti:

  1. scrivere è un modo per piangere. anche. non so quante pagine servano allo scopo, certo non possono essere tutte quelle di una vita. molti gesti, molte sensazioni si caricano del senso che siamo disposti a dargli; così cadiamo nell'illusione che a contare siano solo le nostre impressioni. ma nella felicità altrui possiamo riconoscere la possibilità della nostra, come quando, sorseggiando un liquore, tacciamo l'amaro che ci infiamma la lingua.

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  2. Certo nella felicità altrui possiamo riconoscere la possibilità della nostra... Ma a volte può succedere che un evento qualsiasi, anche bello per qualcun altro, sia capace di addolorarci, perchè ci ricorda qualcosa di importante per noi perso per sempre... Non è un atto volontario, succede...

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  3. Forse uno comincia a scrivere per piangere, ma poi scopre altre cose e comincia a parlare di cattedrali francesi, biancospini, l'arrosto della domenica, le ore di tedio nella campagna... La memoria è involontaria, il tempo perduto, ma si va' comunque alla ricerca.

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  4. Io ho capito anche che ci sono dolori incomunicabili. A pochi è dato di trovare qualcuno che li sappia comprendere anche senza le parole. Anche se queste rimangono comunque la nostra unica risorsa più grande...

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