giovedì 9 novembre 2017

Esco di casa con i capelli arruffati, li ho asciugati a testa in giù per fare presto, e gli occhiali sul naso. Corro tenendo la mano sinistra dei miei figli per portarli a scuola. E' tardi, è sempre tardi.
Eppure mi eleggono rappresentante di classe, si fidano di me, ho la faccia della brava persona, affidabile ma che vive in un mondo tutto suo.
Incrocio una donna con cappotto a scacchi neri e bianchi grandi, con gli occhiali da sole alle 8 del mattino, una boccetta di profumo versata addosso, tacchi, gonnellone a pantaloni e una valigetta. 
Immagino che se l'avessero vista i miei genitori si sarebbero subito risentiti verso di me. Perchè mi vorrebbero così, lo so, me lo ripetono continuamente, ancora oggi, ogni volta che li vedo, 4-5 volte all'anno. 
Ma poi chi lo dice che quella donna abbia un lavoro più gratificante del mio o più retribuito o più ammirevole? Il suo cappotto a scacchi? i suoi capelli piastrati?  Magari fa la rappresentante di aspirapolveri. E pure questo può essere un bel lavoro per carità, ci vuole talento vero per saperlo fare e non scherzo... ma lo dico perchè nell'immaginario di molti la donna realizzata e in gamba veste in un certo modo, cammina in un certo modo, lavora in un certo ufficio... parla in un certo modo no, non sempre ci si fa caso al linguaggio... Esiste un T9 della mente che giustifica tutto. 
Mi accorgo che una parte di quell'immaginario è anche il mio ( aggiungendo però anche il saper parlare bene) e quanta fatica per spazzarlo via, togliendo il saper parlare bene.

giovedì 12 ottobre 2017

Prima in classifica per l'esame sostenuto ma...
mi ritrovo diciotessima.
A cosa è servito questo concorso? Forse ad incontrare il cugino di un vecchio amico, a sapere che si è trasferito in America.
Non cado in piedi...

mercoledì 13 settembre 2017

Her... Dopo tanto tempo finalmente l'ho visto...
Film stupendo.


martedì 16 maggio 2017

mercoledì 10 maggio 2017

mercoledì 22 marzo 2017

lunedì 13 febbraio 2017

Na na na na na, na na na na na na, na na na na na...
Non è niente, non è per sempre... Questa canzone, ascoltata in treno più di dieci anni fa di sicuro.
Un treno da Roma alla stazione di Caserta, preso senza bagaglio, al volo, d'impulso per andare a dire ai miei genitori che lasciavo l'università.
Un sms scritto ad un amico e lui che mi rispondeva " Sei sicura di volere lasciare?" e io che gli dicevo " Non è per sempre.."
E infatti così fu.
Ma ancora oggi quella canzone mi risuona nella testa ogni volta che qualcosa non va...

venerdì 3 febbraio 2017

Si comincia così, con la matita sugli occhi e il mascara sulle ciglia. Cominci credendo che sia una cosa del momento, della giornata, per cambiare un po'. Invece poi ti accorgi che continui metodicamente tutte le mattine. E ad un certo punto, guardi negli occhi una mamma e ci scambi due parole la mattina fuori dalla scuola e noti che ha gli occhi truccati anche lei. Poi la saluti e mentre cammini per strada noti altre mamme tutte di fretta e tutte con gli occhi truccati. "Ciao, Lidia" senti dire, " Ciao cara" senti rispondere. E ti senti ad un certo punto anche tu chiamare "cara"! E' l'effetto della matita combinata al mascara. Ma quanto sono care le persone le une alle altre!?
Si comincia così. E quel trucco alle 8 del mattino fuori la scuola di tuo figlio non è un vezzo, non è amor proprio, è solo uno status simbol: mamma di provincia che si crede bella con un po' di matita sugli occhi. E' una droga se ci pensi. E non è priva di danni alla salute. 
Torni a casa e ti strucchi. 
 Ti vengono in mente i tuoi suoceri, lui con i capelli grigi alla fata turchina (tinti) e l'altra con rossetto fisso e matita. Tutti composti pure nel ridere, imbalsamati, ingessati naftalinati e giudicanti. Ora capisci ancora di più perchè non potrai mai andare d'accordo con loro. Capisci che se tuo marito ti rimprovera continuamente per questo, sono problemi suoi e non tuoi! 
Fuck you! 

mercoledì 18 gennaio 2017

Ciò che più di tutto stamattina mi ha sconvolta è stato cadere dalle scale del palazzo in cui abito....
Ero con Andrea, era tardissimo e lui doveva andare a scuola e in più ci aspettava una sua amichetta. L'ascensore era rotto e dal sesto piano Andrea aveva cominciato a scendere con me in modo lentissimo, metteva un piede sul gradino e poi ci poggiava il piede controlaterale; dopo che entrambi i piedi erano stabili su un gradino, cominciava con il gradino successivo. Gli ho chiesto di accellerare, di solito non lo faccio, cerco di lasciarlo essere... Ma oggi non so che mi sia preso, gli ho pure detto che era ora imparasse a scendere i gradini con un piede a gradino. E poi stufa l'ho sollevato, credendo fosse leggero, per portarlo io giù per le scale. Ma non ho valutato un po' di cose: il suo peso reale, i miei stivali scivolosi e soprattuto le scale di marmo lucido. Siamo ruzzolati entrambi giù per un piano. Ho cercato di proteggerlo il più possibile dalla caduta e dal battere la testa o altro,  e nel farlo io battevo testa, schiena, spalle e di tutto e di più... Ho immaginato la mia fine, ancora una volta, come quando con il motorino andai a sbattere di brutto una sera d'estate, o quando distesa su una brandina di ospedale non immaginavo un domani e in tutto ciò mi sono pure vista da fuori, pensando alla scena di un film di cui non ricordavo il nome. Che succede se si cade dalle scale e si ruzzola giù per un piano? A me è andata bene questa volta...
Mi sono un po' resa conto di quanto io sia pazza.
Ora però già me ne rendo conto come un ricordo.