lunedì 22 marzo 2010

Stamattina presto ero in strada e con me avevo una lettera da spedire al mio migliore amico che vive lontano. Per vari motivi ci è capitato poche volte di vivere nella stessa città per più di un anno, poi a intervalli regolari ci allontanavamo, Gorizia, Roma, Bochum, Caserta... Nei momenti più particolari della nostra vita eravamo soliti scriverci lettere a mano: una delle cose più belle che ci sia successo di fare per lunghi periodi. Una lettera scritta a mano, per quanto dicono sia meno ecologica di una email, per noi ha sempre avuto un grande valore. Ci ha sempre regalato parti concrete dei luoghi da cui le spedivamo, insieme ai racconti, agli scarabocchi, alle poesie, alle foto. Ogni volta trovare la sua lettera nella cassetta della posta era una festa, così come leggerla. In questi giorni mi era tornato l'impulso di scrivergli di nuovo così... E' qualcosa di infantile forse, ma io la credo, in modo presuntuoso, una cosa bella e basta.
In ogni caso avevo cercato di scrivere tutto ciò che non fa parte della mia solita quotidianità ( lavoro, studio, faccende domestiche, bollette) . Ci avevo impiegato più giorni per cercare di costruire un foglio scritto senza le solite cose. Ma stamattina dopo essere rientrata da una serata davvero particolare seppure parte della mia quotidianità lavorativa, mi sono accorta che in quella lettera non avevo scritto niente che avesse davvero un senso, non dico logico ( perchè di quello posso fare anche a meno ogni tanto) ma un senso emozionale. Avevo rinunciato a comunicargli ciò che più mi rappresenta in questi giorni. Talvolta le cose sanno essere da sè dei simboli, non hanno bisogno di essere filtrate, vanno raccontate così come accadono, anche se parlano di lavoro.
L'ho strappata, senza rimpianti.
Gliene scriverò una nuova...

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